mercoledì 6 ottobre 2010

Totti

In questi giorni tiene banco il caso Totti. Bandiera della Roma, simbolo di una squadra e di una città che ha avuto un breve passato glorioso all'inizio degli anni ottanta ma che solo con lui è riuscita a fare un vero balzo di qualità diventando una presenza fissa in Italia e, seppur in modo minore, in Europa.
Ora, sapete bene che per me Totti non è un fenomeno, non lo è mai stato e non lo sarà mai. E' un campione, più nazionale che internazionale, ma la sottile linea (del colore che volete) che separa i fenomeni dagli altri, beh, Totti non l'ha mai superata. E in Italia, negli ultimi dieci anni, di fenomeni ne abbiamo visti. Ibrahimovic, Ronaldo, Kakà, Shevchenko, Maldini, Zidane, Nedved. Poi ci sono stati i grandi giocatori come Rui Costa, Del Piero, Trezeguet, Vieira, Cannavaro. Li sai riconoscere, i fenomeni. Non so come, ma tutti siamo in grado di capire che Kakà e Totti sono diversi.
Detto questo, credo che il problema di Totti riguardi più in generale i calciatori che assurgono al ruolo di "senatori". Ci sono quelli che si ritirano, come Baresi, per evitare la panchina. Quelli che lottano fino ai quaranta, come Baggio, Vierchowod, Costacurta e Maldini, con fortune alterne. Quelli che vanno a svernare nei campionati minori, come Cannavaro. Quasi tutti, in fondo, accettano l'età che avanza e capiscono che il bene di una squadra viene prima del proprio. Anche Maldini, vera bandiera milanista, ha ceduto il posto ad altri. Niente di male, in fondo.
Purtroppo Totti, coccolato, vezzeggiato ed amato da una città intera non riesce a capire questa cosa. Pretende. Avendo dato tanto, pretende tanto. Come se non avesse già ricevuto più di quanto hanno ricevuto Maldini a Milano, Del Piero a Torino, forse anche Maradona a Napoli. Totti è Roma. Il senatus e il populus lo venerano. Gli perdonano tutto. Sputi, calci, insulti, schiaffi, reazioni scomposte, fughe dallo stadio. Certo, non sembra la biografia di un Maldini o di un Del Piero, ma Totti non è Maldini e non è Del Piero. E' Totti, come uomo e come calciatore. Anche se da calciatore non ha capito di essere arrivato al capolinea. Per carità, sa ancora dribblare, correre e segnare. Ma a trentaquattro anni, tocca agli altri. Dice di essere disponibile a tutto per la sua Roma, ma quando Ranieri lo ha sostituito al minuto ottantasette di Roma-Inter e la Roma ha vinto... lui è corso subito via dallo stadio incazzato. Ma come? Non era romanista? Non sarebbe dovuto restare in panchina ad incitare i compagni e a festeggiare la vittoria con loro? Ottenuta poi contro gli arcinemici di sempre in pieno recupero?
Prendete Del Piero. Trentasei anni suonati. Quando ha iniziato ad accettare la panchina ha vissuto una seconda giovinezza, e solo due stagioni fa è stato capocannoniere. Prendete Gattuso. Quando ha capito che non era indispensabile ma che poteva essere fondamentale in alcune occasioni è tornato il lottatore di un tempo. Prendete Favalli, uno che scendeva in campo tre volte l'anno ma sempre con la stessa determinazione. Anche Javier Zanetti l'ha capito.
Ma Totti non lo potrà mai capire. E' stato l'idolo indiscusso di una città per quasi quindici anni. Se si candidasse a sindaco prenderebbe l'ottanta percento dei voti. Se chiedesse ad un Abramo di Trastevere qualunque di sacrificare il figlio, beh conoscete la risposta. E' chiaro che sia difficile essere Superman per un'intera città ed improvvisamente dover dire a tutti quanti che gli anni passano, che è stato bello ma che ora non può più essere lui il salvatore della patria. Perché il fisico non glielo consente, perché il gioco è cambiato, per diecimila e più motivi.
Michael Jordan si ritirò all'apice della carriera. Come lui tanti altri che capirono che il momento giusto per ritirarsi non è quando ti stanca fare le scale, ma quando non riesci più ad essere il numero uno. Totti non è più il numero uno della Roma, sebbene sia difficile in questo momento trovarne un erede - De Rossi gioca male da un anno, Vucinic è alterno, Juan è vecchiotto, Burdisso due fisso, Borriello è arrivato da un mese, Mexes se ne andrà a breve, Riise è un norvegese a Roma, Pizarro, Perrotta e Taddei sono attori secondari, eccetera.
Una cosa è certa. Totti ha fatto tanto per una squadra ed una città che in cambio gli ha restituito tutto e con gli interessi. Se vuole essere ricordato come un simbolo, come un grande calciatore, come qualcuno che ha scelto il momento adatto per calare il sipario, che si impegni come un pazzo per un altro paio di stagioni e che poi se ne vada da Ilary. La sua storia ne beneficerebbe.

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