lunedì 1 giugno 2009

I conti si fanno alla fine/2

Essere tifosi di calcio è una cosa. Essere milanisti è un'altra cosa. Come sapete bene, io non sono un accanito tifoso di calcio. Non mi vedo Chelsea-Manchester, non mi interessava la finale di Champions League, non me ne frega nulla dei vari Messi e Cristiano Ronaldo. I quali, se fossi un dirigente, non comprerei se dovessi rinunciare a Pirlo e Inzaghi. Mai. Sono milanista. Amo la filosofia e la cultura sportiva stanti dietro al progetto rossonero sviluppatosi negli anni ottanta e portato avanti con convinzione fino ad oggi
Per questo motivo, la scelta di Ancelotti di abbandonare la nave rossonera mi intristisce più dell'addio di Maldini. Oddio, se Paolo dovesse ripensarci non potrei che gioire. Ma in fondo, un calciatore che abbandona a quarantuno anni è da considerarsi un privilegio, non una sventura. Ricordiamoci che Baresi, Tassotti, Filippo Galli, Massaro, Sebastiano Rossi e tanti altri della vecchia guardia li abbiamo persi molto prima. E poi la vita è fatta di cicli. Bisogna accettare il suo lento ma inesorabile progredire e sperare di prenderne il meglio. Cosa che per noi milanisti è stato lo standard per più di un ventennio.
L'abbandono di Carlo Ancelotti, invece, è stato improvviso. Sì, è vero, si era parlato di possibili sostituti, si era detto delle pressioni del Chelsea, si era speculato sulle fratture tra dirigenza e allenatore. Però già mi immaginavo Galliani entrare in sala stampa a Milanello da solo, invitando il nuovo allenatore del Milan ad entrare perché tutti finalmente lo conoscessero. E chi era? Carlo Ancelotti, il va sans dire. Sarebbe stato il classico coup de theatre rossonero, che avrebbe fatto scendere una lacrima di gioia a tutti noi (parlo anche per voi, ma credo di sapere ciò che dico).
E invece no. Carlo ci lascia, dopo otto anni pazzeschi. Otto trofei. Di cui due coppe dalle grandi orecchie. Cose che farebbero morire d'invidia qualunque altro tifoso. Con Carlo, inoltre, ci lascia un pezzettino di grande storia rossonera. E' stato il terzo grande allenatore (dopo Sacchi e Capello) dell'era berlusconiana. Ha vinto tutto, come i suoi predecessori. Anzi, la Coppa Italia i suoi predecessori non l'avevano mai vinta.
Buono, pacato, sorridente, vero tifoso. Sapeva ridere come un bambino e soffrire come un uomo. Ha saputo tenere unito un gruppo di giocatori che rischiava di distruggersi dopo la sciagurata finale di Istanbul. Li ha riportati sul tetto d'Europa, giocando una delle Champions più belle di sempre e prendendosi la rivincita sul terribile Liverpool.
Che grande allenatore Carletto. Ha inventato Pirlo regista, ha lanciato Kakà, ha fatto diventare Seedorf il più grande centrocampista del Mondo. Tra qualche decennio, qualcuno rispolvererà i libri di storia del calcio e troverà il termine "albero di Natale". E sotto, ci sarà scritto "Carlo Ancelotti". Uno che ha cantato al centro dello stadio per festeggiare la vittoria in Champions del 2007. Timido com'era. Ma l'ha fatto lo stesso. Mi mancherà. Mancherà a tutti noi. Mancherà anche a quelli che ne chiedevano la testa. Ne sono sicuro.
Eppure, come detto sopra, la vita è fatta di cicli. Pertanto, benvenuto Leonardo e buona fortuna.
A Carlo, grazie. Ti abbiamo voluto bene e te ne vorremo sempre. E se dovessi tornare, farai commuovere me e tanti altri.

2 commenti:

The Crow ha detto...

Condivido perfino le virgole di quello che hai scritto, caro. Ma evidentemente - vedi mio post appena scritto - le cose non potevano più andare avanti così.
Non ci sono parole per esprimere il dispiacere.

AstoriaRecords ha detto...

Ricambio la condivisione.