lunedì 25 gennaio 2010

Ombre a San Siro

Dopo aver letto le farneticazioni, gli isterismi e le polemiche provienenti dall'intero entourage nerazzurro, credo sia giunto il momento di fermarsi tutti quanti. Per ridere.

Riepilogando. L'Inter ha vinto - e meritatamente, ma come detto nel precedente post, l'Inter non sa vincere. Saper perdere è difficile, ma saper vincere è da signori. Cosa che loro non sono neanche lontanamente. Questo mette in luce l'imbarazzo che provo nel vedere quei colori. I comportamenti di cui ho parlato. Cattivi, meschini, ai limiti del ridicolo.

Errori arbitrali a parte, tipo i due rigori non dati, la mancata espulsione di Muntari nel primo tempo e la punizione de facto inesistente con cui Pandev ha raddoppiato, l'Inter ha giocato meglio, ci ha creduto maggiormente, ha saputo resistere per quasi tutta la partita in dieci contro undici, segnando pure un altro goal, infine ha dimostrato di avere un portiere fenomenale che ha persino respinto un rigore al novantesimo quando la squadra ormai era ridotta in nove, per la giustissima espulsione di Lucio, che, un'ora e mezza prima, aveva simulato a centrocampo nella speranza che l'arbitro si sbagliasse ed espellesse Ambrosini. Una cosa del genere, in qualunque sport americano, ti comporta come minimo una multa di qualche decina di migliaia di dollari, nonché una squalifica automatica per diverse giornate per comportamento antisportivo. In effetti, ingannare l'arbitro per farti dare un rigore è da furbetto, ma ingannarlo per far espellere ingiustamente un avversario a metà campo, quando vinci, è proprio da scienziato del male.

Rovesciamo il tutto. Il Milan, nel post partita, avrebbe gioito della vittoria, riconosciuto i meriti ai propri avversari e concluso sostenendo che il torneo è ancora lungo e che questa vittoria non significa nulla. Poi, con grande stile e grande diplomazia, ci sarebbero state strette di mano, sorrisi e la serata si sarebbe chiusa lì.

Loro, invece. Alle ventidue e quarantacinque, neanche tre minuti dopo la fine del match, già si lamentavano, piangevano, si disperavano sostenendo che vi fosse in atto un complotto, una strategia della tensione, una cupola, una loggia massonica e altre puttanate il cui scopo era quello di riequilibrare le sorti del Campionato. Ora, a parte il fatto che nessuno può dire che il Milan sia stato favorito dal signor Rocchi, questo chiagni e fotti riporta alla luce il modo di essere della società guidata dal Signor Moratti.

Già. Vedete, sono anni ormai che a loro non interessa vincere in modo pulito. A loro basta vincere. Una gomitata d'Ibrahimovic, un errore arbitrale, un goal di mano. Va bene tutto. La cosa grave è che a loro piace vincere in questo modo anche quando non hanno avversari, come succede in Italia da quattro anni. Come quei bambini che anche quando giocano contro la nonna, contro un cieco, contro un malato terminale o contro il muro cercano di barare. Ecco. A loro piace più il barare stesso che il vincere. Non è questione di essere sportivi o meno. Il calcio, per la banda di Via Durini, è solo un dettaglio. Ci si trovano casualmente. Quello che a loro piace, in fondo, è il modo in cui si strappa la caramella agli altri. Un complesso di inferiorità palese, lapalissiano, mutuato dal modus vivendi del loro Massimo rappresentante.

Qualcuno ha avuto da ridire sui loro meriti sportivi, ieri sera? No. Eppure, dal Presidente all'ultimo magazziniere non riescono a smettere di gridare al complotto, alla cospirazione, al coup d'état cui si sentono soggetti. Quanto piace loro interpretare il ruolo dei poveretti, degli emarginati, dei disperati, degli ostracizzati, dei non invitati al tavolo dei potenti.

La spiegazione c'è. E, come al solito, è molto più semplice di quella che uno possa pensare. Nel loro cuore sanno che questi quattro anni trionfali sono figli di un omicidio, di uno stupro, di un golpe vero e proprio a quello che era il Campionato di Serie A. Hanno messo un loro ex vicepresidente a scuotere la scacchiera, hanno disposto i pezzi come a loro faceva più comodo e poi hanno cominciato a inanellare trionfi fasulli. Però nel profondo del loro cuore lo sanno che questi sono tutti Scudetti di cartone. Non lo possono ammettere, non lo possono dire, ma lo sanno. Conoscendoli, questo li rende anche più felici. Tipico dell'Italia, dove chi grida allo scandalo è quasi sempre il primo dei ladri.

2 commenti:

mavalà ha detto...

110 e lode!

The Crow ha detto...

Mi associo senza remora alcuna a Mavalà.
Questa lettura mi ha elevato spiritualmente.
E va ad aggiungersi ai (tanti) motivi per i quali quando penso al nostro Milan Football Hall mi si riempe il petto d'orgoglio.
Giù il cappello davvero, Astoria.