lunedì 19 aprile 2010

Il calcio

Esiste una grande, grandissima differenza tra l'essere tifosi e l'essere civili. A Roma, Napoli, Bari, Palermo e in generale nel Centro-Sud, i tifosi sostengono di essere più "caldi" dei loro colleghi del Nord, come se l'escursione termica, da un punto di vista del tifo, fosse quella che passa tra l'America Latina e la Scandinavia.
La sociologia, la demografia e le scienze sociali hanno ampiamente spiegato e sviscerato la questione. Sostanzialmente, esse sostengono che i nordici sono più freddi e distaccati, mentre gli abitanti del Sud hanno il sole e il mare che riscalda il sangue nelle loro vene.
Ora, a parte il fatto che metà degli abitanti di Milano e tre quarti di quelli di Torino vengono da Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, ma è l'idea in sé che mi sembra decisamente opinabile.
Da un lato, infatti, è la forte presenza di istituzioni nel Nord Italia a determinare un certo tipo di scenari. Quello che è successo ieri sera prima, durante e dopo il derby di Roma sono cose che al Nord e nei paesi civili del mondo occidentale non succedono. Non te lo permettono. Margaret Thatcher, quando si accorse che l'Inghilterra nei weekend diventava peggio della Colombia, decise di cambiare le cose. E lo fece, in meno di una settimana. Dieci anni di carcere agli ultras responsabili di violenze. Nel giro di un anno, gli stadi inglesi sembravano dei collegi svizzeri per sole signorine. Ed è quasi così anche nel Nord Italia, dove la presenza dello Stato si fa sentire, impedendo de facto comportamenti insurrezionali da parte dei tifosi. Semifinale di ritorno di Champions League 2002/2003. Inter-Milan. Stavo in mezzo agli interisti. Ho goduto e sofferto per novanta minuti. Nessuno mi ha torto un capello. Ed avevo pure la sciarpa al collo, tanto per non farmi mancare nulla.
Seconda questione, forse anche più importante. Le dinamiche sociali e gli interessi personali. Più un paese è civilizzato, più è culturalmente e socialmente avanzato. E in questo, purtroppo, il Nord Italia è cinquant'anni avanti rispetto al Centro-Sud, dove la gente non ha altro che il calcio. Il calcio, il calcio, il calcio. Tutti i giorni, a qualunque ora. Basta leggere qua e là, per capire cosa intendo. Risse tra genitori durante le partite dei figli, auto in fiamme, accoltellati, feriti, morti, saccheggi e devastazioni. Perché queste cose non succedono altrove? Forse perché al Centro-Sud c'è più sole, più mare, più pizza e più calore? Cazzate. Anche in Sardegna c'è tanto sole e tanto mare, ma allo stadio non succede nulla. Così come a Genova. Così come a Barcellona, Valencia e in altri migliaia di posti. E allora? Allora il problema è proprio l'avanzamento socio-culturale di determinate zone. Per carità, anche a Milano si parla di calcio sette giorni su sette, ma la quantità di persone che non hanno altro per la testa è decisamente inferiore.
Cosa dire? Innanzitutto, che sarebbe ora, nel 2010, di non vedere più certe scene. Ieri sera Roma sembrava l'inferno, stamattina la città si è svegliata sporca, piena di scritte sui muri e con un chiasso infernale. Bisogna riportare il calcio dove esso merita di stare. In un angolo delle nostre vite. Qualcosa di ludico che ci fa compagnia durante i weekend. Un gioco, che tale deve restare. Non l'unico sfogo per trenta milioni di persone. Non qualcosa di pericoloso che metta in serio pericolo le vite di migliaia di persone ogni fine settimana. Un gioco.
Ma conoscendo l'Italia e gli italiani, temo che non lo sarà mai.

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