giovedì 2 dicembre 2010

Sullo sciopero

Siccome viviamo in un paese ipocrita e bigotto, e siccome la gente in Italia senza calcio sta male, questa storia dello sciopero dei calciatori è diventata un'altra buona scusa per fare del sano campanilismo e per sparare puttanate nell'etere. E come al solito, da buon paese non liberale, sono uscite fuori delle teorie che definire medievali - in senso giurisprudenziale - sarebbe cortese.
Ora. Tutti, ma proprio tutti - in particolare quelli che richiamano la legge e la Costituzione ad ogni piè sospinto - dovrebbero proprio sapere che in ogni aula di Tribunale c'è scritta una frase, semplice semplice: "La legge è uguale per tutti". Non solo, ma il processo di creazione di una norma avviene sempre tenendo conto del fatto che essa deve essere erga omnes, ossia rivolta a tutti, e non solo ad una particolare persona o gruppo di persone - a meno che non sia una legge specificatamente rivolta ad una delle due categorie suddette.
Detto questo, i calciatori sono esseri umani. Ok, più volgari, più alla moda e probabilmente più ignoranti della media, ma restano esseri umani. Guadagnano miliardi, è vero. Ma non è colpa loro. Se la gente cominciasse, che so, a guardare la pallavolo, il baseball e l'hockey su prato Messi guadagnerebbe quanto un medico, Cristiano Ronaldo quanto un avvocato e così via. Siccome la gente ama il calcio, vive per il calcio e talvolta uccide anche per il calcio, i nostri campioncini in maglie colorate e scarpini chiodati continueranno a percepire tali stipendi. Pertanto, sarà pure scandaloso lo stipendio di Ibrahimovic rispetto a quello di un operaio, ma quando milioni di persone accenderanno lo schermo per vedere la produzione dei bulloni di Mirafiori, comincerete a vedere Mino Raiola dalle parti di Torino.
E' la solita storia italiana, sempre pronti a difendere (giustamente) i diritti dei più deboli (anche se da noi si fa solo retorica ché poi d'estate tutti in Sardegna o in America e i poveretti del Sudan cazzi loro) ma sempre pronti a storcere il naso quando si tratta di difendere i diritti dei ricchi, come se questi fossero brutti, sporchi e cattivi. Invece no, di solito sono belli, puliti, vestiti kitsch, pettinati male ma soprattutto generalmente scopano donne sulle quali "il popolo che si indigna" si masturba con una certa cadenza.
Insomma, anche se Kakà guadagna molto più di me, a me non viene da scandalizzarmi. Meglio dare tanti soldi ai calciatori che ad alcuni soggetti che si occupano di mandare avanti la baracca. E se poi il popolo è davvero indignato, che spenga le televisioni e non vada allo stadio per un anno. Vedrete come scendono i salari dei campioni. E già che ci siamo, per solidarietà, che smetta di comprare i giornali sportivi per un mese. Chissà se la Gazzetta lo propone. Ad ogni modo questo, nel paese delle rivoluzioni al tegamino, nessuno lo farebbe. Quindi? Come la risolviamo? Forse accettando il fatto che in Italia, dove c'è uno sciopero al giorno, si lasci scioperare anche chi è ricco, visto che i suoi diritti non possono essere meno importanti di quelli di un povero. E poi, rendendosi conto del fatto che in fondo i calciatori hanno ragione sulla questione. Pensate al povero Marchetti. Non avrebbe il diritto di ricominciare a giocare? O Cassano. O mille altri di cui ci siamo dimenticati troppo in fretta.
Come andrà a finire? Che i giornali nostrani continueranno a scandalizzarsi per la fame nel mondo, per la povertà in questo o quell'altro staterello africano, per i terremoti gli uragani i monsoni i tornado e le piene del Po per cui faranno iniziative speciali, ma poi appena potranno attaccare qualcuno con tanti soldi in tasca e una bella figa al fianco lo faranno. Del resto, non siamo un paese che almeno ufficialmente continua a considerare il denaro come lo sterco del diavolo ma dove tutti cercano di fottere?

13 commenti:

ilPrigioni3ro ha detto...

Finalmente ho il piacere di leggere qualcuno che va controcorrente su questa storia dello sciopero dei calciatori!
Ottime riflessioni, condivido.

mavalà ha detto...

Il ragionamento non fa una piega.
Anche se, permettimi di dirlo, in alcuni punti cade nella retorica.

Non fa una piega ma non mi trova d'accordo, non nel senso che, come i benpensanti senza pensiero sostengono, i ricchi non possano scioperare; ma nel senso che trattare i calcioatori, e i loro contratti alla stregua dei normali contratti di lavoro subordinato, è una fesseria abissale.

I calciatori trattano singolarmente ingaggi, premi, bonus, durata e clausole varie, avendo in mano un potere contrattuale non certo paragonabile a quello dei "normali" lavoratori dipendenti.

Le norme che tutelano questi ultimi sono appunto state introdotte per compensare una posizione di debolezza contrattuale che i calciatori, difficile negarlo, non hanno.

Il diritto di scipero è sancito dalla Costituzione, è vero, ma abusarne è incostituzionale, anche se la cosa non è evidente.

Poi a me non piace la situazione del diritto del lavoro in Italia, e credo che, nello specifico, i calciatori andrebbero trattati più come lavoratori autonomi che come dipendenti, ma questo è un altro discorso...

AstoriaRecords ha detto...

Caro mavalà,
i) i calciatori non possono essere trattati come lavoratori autonomi per il semplice motivo che non sono pagati a cottimo, come tu sai bene. E' chiaro che se venissero retribuiti a seconda dei goals o del numero di partite giocate la cosa cambierebbe, ma fino a quel momento, le cose staranno così.
ii) i calciatori hanno un potere contrattuale maggiore rispetto a decine di categorie diverse, ma questo è dovuto, come ho scritto a due fattori - la loro abilità in una disciplina ed il fatto che il mondo intero si interessi di tali abilità e ne resti estasiato. E' il mercato, e se ci pensi è giusto così. Altrimenti come giustificare il prezzo di un Rubens, di un Raffaello, di un Monet? E perché Jim Carrey guadagna più di una nostra amica che fa la comparsa negli spot dei pannolini? E perché Paul McCartney è più ricco di quel nostro compagno di scuola che strimpellava la chitarra? Fortuna, bravura e richiesta. E' il mercato, finché la domanda sarà così elevata, l'offerta si adeguerà. Quando la domanda scenderà, l'offerta scenderà di conseguenza. Giusto o ingiusto è così che funziona il mondo.
iii) le norme che tutelano i lavoratori in Italia sono state introdotte per ragioni storico-sociologiche di cui qui mi sembra inutile disquisire. Certo, non si può non dimenticare che in America lo sport chiude i battenti quando i giocatori scioperano e nessuno osa criticare. Da noi, dove gli scioperi sono all'ordine del giorno, fa tanto scalpore che dei calciatori abbiano delle richieste. Non credo che chi guadagna tanto abbia meno diritti di chi guadagna poco.
iv) abusare del diritto allo sciopero non è incostituzionale, anche perché sarebbe difficile quantificare un tale abuso. Quanti giorni l'anno sono leciti e quanti no? In tal senso, è una mera questione di etica e di strumentalizzazione. Ci sono scioperi sacrosanti e scioperi senza senso. Ma ripeto, sta alla coscienza individuale capire la differenza tra questi ultimi.

Permettimi un'ultima considerazione. Un contratto è un contratto. Che tu sia bianco o nero, ricco o povero, capellone o pelato, di sinistra o di destra. Un contratto è un contratto. E meno male che è così. Ah, non dimentichiamoci una cosa. Un professore di scuola media paga qualche migliaio di euro di tasse l'anno. Ibrahimovic ne paga cinque milioni. Non ci scordiamo di questo punto. Altrimenti si finisce per fare del razzismo al contrario in base al compenso.

mavalà ha detto...

Hai travisato.

E' un discorso complesso, ma, racchiudendolo in poche righe, dico che i calciatori dovrebbero essere lavoratori autonomi.

Il loro potere, anche extracontrattuale, è troppo elevato, come facilmente intuibile da chi ricorda che un calciatore, il cui contratto scade a giugno, può accordarsi con un altro club da gennaio.

Ruben, Raffaello, Monet, e poi McCartney eccetera non avevano contratti di lavoro subordinato.

Nel caso dello sciopero, poi, le loro richieste sono ridicole, visto che nessuno chiede loro la luna. Ma solo richieste sacrosante da parte di chi paga milionate di euro all'anno a gente che fà un mestiere che milioni e milioni di ragazzini sognano di fare, e non, fino a una certa età perlomeno, per i milioni e le veline.

Non mi ritengo un moralista se dico che anche solo la minaccia di sciopero dei calciatori è una buffonata.

L'abuso di sciopero è incostituzionale (anche se nessun giudice sarebbe disposto a stabilirlo), o comunque illegale (e ci sono leggi che lo stabiliscono) quanto è illegale l'abuso di posizione dominante, illecito esistente in ogni paese autenticamente liberale, in cui la posizione dominante un'impresa se l'è conquistata con la maggior bravura, all'interno delle regole proprio del mercato.

AstoriaRecords ha detto...

Innanzitutto, permettimi di contraddirti. In Italia non esiste un abuso del diritto di sciopero, a differenza della Francia in cui è vietato se è fatto per ragioni di solidarietà o per ragioni politiche, cioè contro lo Stato. Da noi è illegale solo se ha la forma di un coup d'etat, cosa che i nostri beniamini del pallone non credo abbiano in mente.

Ad ogni modo. Diversi punti di vista. A mio avviso lo sciopero dei calciatori non può essere una buffonata, altrimenti si crea un precedente pericoloso per cui si stabilisce a priori chi può e chi non può scioperare.

Il potere contrattuale ed extracontrattuale non è elevato. E' proporzionato al fatto che tu, io, i nostri amici e altre miliardi di persone li guardano in televisione o allo stadio. Smettiamo tutti e il potere sparirà. Ma non credo che tanti siano interessati ai campionati mondiali di badminton, almeno non io.

Poi non capisco cosa proponi sostenendo che i calciatori dovrebbero essere considerati lavoratori autonomi. A parte che aumenterebbe la forbice tra i più bravi e i meno bravi, ma renderli lavoratori autonomi darebbe ai giocatori ancora più potere, così come è per i musicisti, gli attori, eccetera.

Poi sul fatto che le richieste dei calciatori, a tuo avviso, siano ridicole, avrei da ridire. Innanzitutto, non dimentichiamoci del fatto che nel calcio i ricchi veri sono i presidenti e le società che essi gestiscono. Poi. Quando un presidente decide di sbarazzarsi di un calciatore, che sia quest'ultimo a poter decidere in quale club andare. Del resto, se uno viene licenziato dall'azienda per cui lavora avrà il diritto di scegliersi cosa fare. Invece no. Non mi sembra una richiesta così folle.

Non ti ritengo un moralista se non condividi lo sciopero dei calciatori, penso però che il diritto allo sciopero non possa non essere garantito ad un cristiano con i capelli pieni di gel e una puttana al fianco.

Sulla citazione di posizione dominante non capisco, non credo sia molto legata alla questione che stiamo affrontando. A meno che tu non pensi che Messi, Cristiano Ronaldo ed Ibrahimovic siano tre imprese che cospirano per far diminuire lo stipendio di Colucci e Parolo del Cesena. Perché è quello l'abuso di posizione dominante.

Piccola postilla. I calciatori, a differenza degli artisti, si legano contrattualmente con delle società. Sono subordinati e non autonomi, tutto vero. Però c'è un però. I calciatori sono pagati in base alla qualità del proprio lavoro. Un professore no, almeno non in Italia. I calciatori sono pagati in base alla propria immagine, quando aumentano le vendite dei profumi, delle macchine, dei rasoi da barba. Un professore no, almeno non su questo pianeta. Un calciatore a trentacinque anni è con il culo per terra, ha spesso una pensione irrisoria e deve reinventarsi una carriera. Un professore no. Un calciatore paga tasse elevate che pesano parecchio sul bilancio di uno stato. Un professore no.

In fondo, se come credo sei un vero liberale, non potrai non ricordare i da me citati scioperi negli sport americani che hanno portato, per esempio, la cancellazione di un'intera stagione di hockey nel 1994/1995. Motivo? Non si era arrivati ad un accordo tra la lega ed i giocatori per il contratto collettivo, simile a ciò che si discute ora in Italia. E stiamo parlando di uno sport dove gli stipendi sono ben più alti che nel calcio. Eppure, nessuno ha detto nulla.

La soluzione? O si elimina il contratto collettivo e si rendono autonomi i calciatori, cosa che però finirebbe per distruggere i clubs medio-piccoli ed i giocatori non fenomeni, o si continua così e si accetta che dei cittadini italiani, ricchi e un po' scemotti, scioperino come tutti gli altri.

mavalà ha detto...

So che non esiste un abuso di sciopero. Ma esistono comunque regole che lo limitano, in certi casi,e per certe categorie.

Non voglio convinverti, ma ti dico che proprio perche i calciatori vengono pagati "in base alla qualità del proprio lavoro" che dovrebbero essere trattati come lavoratori autonomi, senza contare che il loro valore è iscritto nel bilancio delle società come immobilizzazioni, creando una discrasia tecnico-giuridico-contabile da capogiro.

L'abuso di posizione dominante l'ho tirato fuori per fare un parallelo, dimostrando che il libero mercato prevede degli illeciti che hanno la funzione di limitare la sua stessa libertà.

Comunque ripeto, il fatto che siano ricchi non intacca il loro diritto di sciopero; ciò che lo intacca, a parer mio, è il loro potere contrattuale.
Il fatto che vadano in pensione a 35 anni, e debbano reinventarsi un lavoro li rende semplicemente, anche se solo per una cosa, uguali ai loro coetanei.

Coccy ha detto...

Il mio pensiero in merito allo sciopero si avvicina molto a quello di mavalà, e come lui non appartengo alla categoria di persone che dicono che i ricchi non debbano scioperare.

AstoriaRecords ha detto...

Caro mavalà, tu e coccy sostenete che il diritto di sciopero dei calciatori dovrebbe essere limitato dal potere contrattuale di questi ultimi. Ecco, per quanto rispetti la vostra opinione proprio non la capisco. Il potere contrattuale di un individuo è dato, generalmente, dalle qualità che tale individuo è in grado di offrire alla società che lo ingaggia, che sia un'azienda di bottoni, una casa discografica, una squadra di calcio o un chioschetto di gelati.
Non solo, ma come tutti sappiamo perfettamente, in Italia è molto più facile licenziare, ostracizzare o comunque far sparire dalla circolazione un attore, un musicista, un calciatore rispetto ad un professore, un operaio, un dipendente pubblico. Credo che su questo nessuno possa dire il contrario.
Detto ciò, se consideriamo il fatto che il potere contrattuale dei calciatori è più individuale che di categoria, mi sembra ovvio traslare il pensiero di prima (precarietà) all'interno dello sciopero programmato in questi giorni. I calciatori sono precari, molto più precari dei giovani neolaureati. Certo, precari che guadagnano cifre astronomiche, ma Messi nel proprio campo è più bravo di uno studentello laureato fuori corso. E come Messi, ci sono studenti brillanti che vanno a lavorare in America per cifre astronomiche. E' la concorrenza, e il mondo gira così. Soprattutto, ogni mercato ha le proprie regole. E' ridicolo pretendere che una maestra d'asilo guadagni quanto Ibrahimovic, per il semplice fatto che Ibrahimovic lo paga un privato con soldi propri, mentre la maestra d'asilo la paghiamo tutti con le tasse. In tal senso, ogni privato ha diritto di fare ciò che vuole coi propri soldi, mentre il pubblico deve sottostare a delle regole e a dei controlli.
Ritornando al potere contrattuale dei calciatori, mi sembra chiaro che trasformarli in lavoratori autonomi - la vostra proposta, aumenterebbe come ho già detto il gap tra fenomeni e giocatori medi, accrescerebbe il potere della società ricche rispetto alle piccole e medie, aumenterebbe infine il potere contrattuale dei giocatori che gestirebbero tutto per conto proprio, senza una categoria che tratta per loro bilanciando domanda ed offerta di questi ultimi e dei clubs.
Così facendo, si creerebbero delle situazioni assurde per le quali un giocatore che segna per tre giornate di fila chiederebbe un aumento, mentre uno che non segna per due mesi di fila si vedrebbe decurtato lo stipendio dalla società. Ridicolo, a mio avviso. L'autonomia, generalmente, prevede una mancanza di regole come è nel cinema, nella musica, nell'arte. Il calcio è diverso, è uno sport di squadra e ci sono troppi fattori in ballo per parlare di autonomia. Lo capirei nel tennis, dove si è tutti contro tutti. Dove non ci sono squadre. Dove non esistono società detentrici di cartellini.
Ma il calcio, più simile come struttura ad un mercato di beni, deve essere regolato in tal modo. Perché è così, se ci pensate. E' un mercato di beni dove tante società cercano di rafforzarsi e di scavalcarsi a vicenda attraverso la produzione del miglior bene possibile. Ad ogni modo, opinioni.

mavalà ha detto...

Ci mancherebbe, opinioni.
Non ritengo così automatiche le conseguenze che tu pronostichi in caso di rendere i calciatori lavoratori autonomi. Anche perché il mercato, proprio attraversi i contratti e le clausole, ha i mezzi per prendere contromisure.

Mal che vada, i giocatori guadagnerebbero in base alle loro effettive capacità, se non tecniche, di marketing. Ma questo a me sembra avvenga già.
Una maggior limitazione della redistribuzione immeritata sarebbe auspicabile ovunque, a parer mio.

Sinceramente, non riesco a vedere i calciatori come parte debole del sistema calcio.

AstoriaRecords ha detto...

I calciatori infatti non sono deboli tout court, ma lo sono a mio avviso rispetto alle società. Per ciò che concerne la limitazione della redistribuzione immeritata mi trovi in disaccordo, il mercato deve decidere chi deve guadagnare quanto, non può essere di certo lo Stato o un ente a quantificare le discrasie nei compensi dei propri cittadini andando a modificarle in base ad un criterio etico spesso figlio di un dogma politico.

mavalà ha detto...

Hai ragione, lungi da me pensare a una redistribuzione eterodiretta.

Che sia, appunto, il mercato a decidere.

Per il resto, basta un tariffario minimo.

The Crow ha detto...

Aehm... Giuro che al secondo intervento di Mavalà mi sono un po' perso... Ahahah!
Scherzi a parte, il mio problema è principalmente quello di - spero mi perdonerete - non aver seguito bene la vicenda e per questo mi risulta difficile capire da quale parte possa essere la "ragione". Certo, in linea generale e da quello che mi sembrato di intuire qui, sarei un pelo più d'accordo con Astoria, ma quello che sostengono Mavalà e Coccy non mi sembra affatto sbagliato, anzi, proprio perché evidentemente la materia è di certo complessa ed è per me difficile vederne dettagliatamente i contorni. C'è qualcuno di cuore buono che mi spiega in due-righe-due i termini della vicenda e quali siano le "pretese" dei calciatori?
Grazie in anticipo.

The Crow ha detto...

Grazie, eh?
Va beh, tanto lo sciopero è rientrato... Ahahah!