sabato 19 settembre 2009

Considerazioni da un centesimo: la cara, vecchia Coppa dei Campioni

Sarà l'età, sarà il momento della nostalgia, sarà quello che volete, ma quanto era bella la vecchia Coppa dei Campioni? Il Top del Top, solo le squadre vincitrici dei rispettivi Campionati, una formula semplice ma letale con gli scontri ad eliminazione diretta fin dal primo turno, tutto per incoronare la Regina delle Regine d'Europa. Ecco, al massimo avrei ritoccato la formula troppo crudele dell'eliminazione diretta per inserire gli ormai collaudati gironi a quattro nella fase iniziale, giusto per garantire alle partecipanti un minimo di partite da giocare.
Ma per il resto, ci pensavo giusto ieri, la "nuova" Champions League non mi è mai piaciuta, con l'allargamento alle seconde, alle terze e, addirittura, alle quarte arrivate in alcuni Campionati dall'alto coefficiente UEFA. Per non parlare delle squadre dal risibile valore di Campionati esteri che al massimo valgono la nostra Serie B e che non fanno che inficiare la qualità dei Gironi e, soprattutto, il senso della Competizione.
E parlo con la massima onestà intellettuale possibile e contro i "nostri" stessi interessi, dal momento che veniamo giusto dall'esaltante vittoria di Marsiglia, potuta ottenere grazie al terzo posto acciuffato per i capelli all'ultima giornata della scorsa Stagione, senza considerare, in più, che le ultime due Champions vinte dal Milan nel 2003 e nel 2007 sono partite partendo proprio da dei quarti posti ottenuti rocambolescamente nelle stagioni precedenti, con tanto di preliminari estivi da dover poi disputare (la cosa più stupida che si potessero inventare).
Ed è, manco a dirlo, tutta una questione di soldi, di introiti e di "mission".
Sarò uno sciocco ed anacronistico romantico, ma a me questo calcio incentrato sempre più esclusivamente intorno al dio denaro piace sempre meno. Quando ieri sento Galliani che parla preoccupato del fatto che la Germania possa superarci nella graduatoria UEFA e così toglierci un posto come numero di squadre partecipanti, con la conseguente perdita di "decine di decine di milioni di Euro", mi viene una tristezza che, per dirla alla Paolo Conte, "descriverti non saprei".
E' una questione di filosofia, che, come in tutte le cose, è alla base delle nostre esistenze: abbiamo bisogno di tornare alle cose semplici, rendere il calcio più equo, sano, far fiatare i giocatori ormai stritolati in calendari da manicomio che tutto livellano verso il basso, ma questo senza rinunciare naturalmente alla tecnologia laddove realmente possa aiutare questo sport meraviglioso ad essere davvero migliore (quarto uomo a bordo campo con tanto di monitor per gli episodi più controversi e cronometro per il tempo effettivo, telecamere per il fuorigioco e sensori sulle porte). Per non parlare dell'inciviltà degli stadi decadenti ed obsoleti, soprattutto quelli italiani, che invece di invogliare la gente a partecipare, la fanno scappare.
C'è la necessità reale di valorizzare davvero i giovani, i vivai, cosa della quale sempre in Italia tutti si riempiono la bocca, ma nessuno fa niente per perseguirla. E non bisognerebbe, infine, che questo sport sia alla mercé di pochi magnati o presunti tali che fanno il bello e il cattivo tempo in ambito di mercato e, anzi, seppur personalmente molto scettico sull'idea del "fair play amministrativo" che vuole introdurre Platini, partire dal principio che le spese debbano essere direttamente proporzionali agli incassi, mi sembra invece cosa buona e giusta.
In breve, quindi, ristabilire una meritocrazia basata sui valori, quelli veri, e non avere il chiodo fisso di spremere come un'arancia il calcio al fine esclusivo e cieco di realizzare il massimo (e anche oltre) del profitto. Così com'era, infatti, la cara, vecchia Coppa dei Campioni.

P.S. A proposito di "tecnologia", nella prossima puntata delle Considerazioni da un centesimo affronteremo la barzelletta dei due arbitri di linea introdotta nella "nuova" Europa League.

2 commenti:

AstoriaRecords ha detto...

Condivido il tuo pensiero, rendendomi anche conto del fatto che quindici anni fa le cose erano però diverse. In Italia c'erano Milan e un po' Juve. In Spagna Real Madrid e Barcellona. In Inghilterra poca roba, certo non Chelsea, Liverpool, Arsenal e Manchester City. In Francia, il PSG. In Olanda l'Ajax. In Germania il Bayern. Punto. Pertanto, era facile che un quarto di finale di Coppa dei Campioni fosse Real Madrid - Copenaghen. O Milan - Anderlecht. Oggi sarebbe improponibile, dati anche i miliardi di telespettatori. I giocatori di qualità sono aumentati, il calcio è più fisico, le risorse sono maggiormente disponibili. Quale texano avrebbe comprato il Bari nel '92? Eppoi devi pensare alla distribuzione dei grandi giocatori. Oggi, almeno quattro squadre per campionato hanno un paio di fenomeni. Escluderli dalla Coppa principale equivarebbe a produrre una Coppa UEFA molto più spettacolare, interessante, remunerativa... ma dal valore inferiore, perché sarebbe comunque solo una Coppa secondaria. Va anche detto che è proprio grazie alla nuova Champions League se oggi emergono squadre come Wolfsburg, Villarreal, Manchester City, Lione - che fino a pochi anni fa erano destinate a miseri decimi posti nei propri campionati. Il mondo cambia. In bene e in male. Di questo siamo tutti al corrente. Purtroppo il calcio, come tanti altri "sistemi", è soggetto alla legge del soldo. Non poteva essere che così. Gli investimenti massicci nelle comunicazioni, nelle telecomunicazioni e nei media in generale hanno portato il pallone anche dove un tempo non c'era. E a questi poveri coreani, peruviani o lettoni, non puoi che proporre Messi contro Cristiano Ronaldo.
Non so bene da che parte schierarmi, ma devo dire che preferisco una rivincita storica ad Atene su Sky che una partita a Ljubljana, valevole per i sessantaquattresimi di Coppa UEFA, che devo sentirmi alla radio commentata male da Ezio Luzzi.
Ripeto, a me questo sistema non è piaciuto alla sua introduzione né in seguito. Ha però cambiato il calcio, spostando le risorse e aumentando le possibilità di successo anche per squadre nuove. Questo ha provocato una minore concentrazione del talento, distribuendo buoni giocatori in ogni angolo del continente. La conseguenza più diretta è stata l'implementazione di un sistema di telecomunicazioni che ha reso il calcio un piatto appetibile per centinaia di milioni di persone in più. Il processo è irreversibile, per cui tanto vale abituarsi sperando in gioie future. Sembrerò cinico, ma non riesco ad essere altrimenti.

The Crow ha detto...

Certo, è un discorso complesso, che andrebbe ulteriormente approfondito tenendo conto degli svariati aspetti e, come giustamente dici tu, dei cambiamenti che comunque ci sono stati in questi anni.
Così come sono consapevole anch'io che sia un processo ormai irreversibile: il mio era un discorso un po' da vecchio romantico che sogna ad occhi aperti e anche se penso che ci possa sempre essere spazio per le utopie piccole o grandi che siano (soltanto i "folli" che pensano di poter cambiare il mondo, sono quelli che poi effettivamente lo cambiano, no?), mi rendo anche conto purtroppo di quale sia invece la realtà.